FRIDA E LE DONNE
DI CALABRIA
La mostra Frida e le donne di Calabria crea un parallelismo tra l’arte e la personalità di Frida Kahlo, e le donne appartenenti ad un particolare contesto sociale in Calabria: il filo conduttore sono l’emancipazione, la rivendicazione dei diritti, e l’affermazione della figura femminile in ambito professionale. Frida Kahlo, conosciuta sia per la sua arte che per il suo temperamento forte e deciso, è sempre stata indipendente e anticonformista, in perenne lotta con la vita: un’indole riconoscibile in molte altre donne, capaci di affermarsi in un luogo spesso tormentato e fragile come la Calabria. Delle donne legate da un filo invisibile, nonostante le differenze geografiche e temporali, capaci di dialogare all’interno della mostra
divisa in due sezioni: la prima, con le illustrazioni delle artiste Grazia La Padula, Anna Cercignano, Adele Ceraudo, La Tram, Arianna Rea, dedicate a Frida e alla sua sconvolgente vita. La seconda sezione è dedicata alle opere di Beppe Stasi, e i volti delle donne di Calabria, capaci di distinguersi per il carattere forte e deciso, andando spesso controcorrente senza timore, vivendo liberamente le loro passioni, proprio come Frida.
Opere in mostra di Adele Ceraudo, Anna Cercignano, Grazia La Padula, La Tram, Arianna Rea, Beppe Stasi
Testi critici a cura di Federica Cananzi
Frida vista da La Tram
Avvolta in una rigogliosa vegetazione, tra cactus e fichi d’india, e altre svariate piantagioni presenti in Messico, si erge solenne la figura di Frida Kahlo: con le spalle dritte e lo sguardo rivolto verso l’alto, sorreggendo tra le mani una mela. Gli abiti sono pieni di colori eclettici, con motivi geometrici e floreali, come il diadema indossato sul capo. Sfarzosi bracciali, collane e orecchini arricchiscono la figura possente di Frida. Dietro al suo capo si diramano rami spinati, e infine la lontananza dei grattacieli newyorkesi danno un luogo all’ambientazione. Nella parte superiore un bastone con dei fili tesi sul quale è steso un vestitino azzurro, fluttuante nell’aria. Durante la permanenza in America Frida si distingue in modo netto dalla società e dalle donne americane: per le sue idee, il suo carattere irriverente e indipendente, e il suo modo di vestire. In questo periodo è forte la manifestazione della sua identità messicana, dagli abiti, alle tradizioni, incarnando su di sé la propria cultura non contaminata dalla goliardia americana, destando fascino in chi la incontra. Libera dalle convenzioni appartenenti alla società post colonialista, Frida come l’abito azzurro volteggia leggera rimanendo appesa alla semplicità appartenente alle sue origini sudamericane.
Frida vista da Anna Cercignano
L’illustrazione dell’artista Anna Cercignano riprende Frida gravida, immersa nella natura, dove il reale si fonde con l’immaginazione. Frida è in primo piano, in una posizione solenne e statuaria, con un corpo trasformato dalla maternità, le cui forme accentuate esaltano la femminilità con eleganza. Sul capo indossa un diadema di fiori con al centro un teschio, i capelli raccolti e un velo lungo che si protrae lungo il corpo coprendo i seni. Lo sguardo di Frida è glaciale, lontano dalla felicità recata dalla gioia di una gravidanza. È genuflessa, con le mani probabilmente raccolte dietro la schiena, in simbolo di penitenza. Lo spettro d’acqua su cui posano le ginocchia è macchiato dal rosso del sangue, mentre a sinistra un cervo dallo sguardo solenne la fissa camminando. Le sue corna mutano divenendo alberi, creando una visione irreale utilizzata ampiamente anche dalla stessa Frida nelle sue opere. Il cervo è una rappresentazione della speranza nei confronti della vita. Dietro l’ambientazione pare contrastante: un cielo limpido, rassicurante e dei cespugli definisco la linea d’orizzonte ma lo sguardo di Frida e il rossore delle acque macchiate spezzano brutalmente l’armonia. Ad accentuare il contrasto con l’ambientazione è la parte superiore dell’illustrazione, dove con toni cupi e violacei si inseriscono degli elementi vegetali, e un nastro con su scritto “Viva la Vida”, che è ciò che scrisse Frida nell’ultimo periodo della sua vita, quando capì di essere vicina alla fine, come un urlo rabbioso pieno di amore per la vita. Frida è in lotta con un desiderio spesso naturale per una donna, diventare madre, che purtroppo non è stato mai possibile realizzare a causa di un grave incidente avvenuto nel 1925, dove venne compromessa gravemente la colonna vertebrale. Il sangue indica gli aborti spontanei, la perdita dolorosa e sempre sofferta.
Ines Nervi vista da Beppe Stasi
Segni netti e forti, sguardo fiero e rivolto deciso verso lo spettatore, così Beppe Stasi decide di illustrare il ritratto della donna calabrese Ines Nervi, con dei toni freddi e contrastanti che ne accentuano la profondità dello sguardo. Il ritratto riflette il carattere della donna: tenace, rigida, fortemente impegnata nella lotta del rispetto delle regole, il suo impegno politico è fortemente legato al territorio, soprattutto per i problemi riguardanti l’emancipazione femminile. Durante le prime elezioni amministrative del dopoguerra, fu candidata a sindaco con il partito democristiano, ottenendo un forte consenso. In questo periodo la tensione sociale è elevatissima, tra l’apertura democratica e la visione conservatrice, oltre le difficoltà sorte dopo il regime fascista, molte furono le manifestazioni di protesta, sostenute soprattutto dal Partito comunista italiano, avversario storico della Democrazia Cristiana, con il pretesto di non poter svolgere un ruolo pubblico di alto rilievo contemporaneamente alla professione di insegnante che Ines ricopriva. Nonostante le proteste, durante il suo mandato realizzò alcune importanti opere pubbliche, dalla fognatura comunale alla pavimentazione della strada principale che collegava, ieri come oggi, piazza IV novembre con piazza Margherita. Inoltre, si impegnò nel miglioramento della vivibilità del centro storico con un’opera di riqualificazione urbana e nella sua funzione di prima cittadina si adoperò per fornire occupazione a diversi cittadini lavoratori in stato di disoccupazione. Nel 1946 furono tre le donne calabresi elette sindaco: Caterina Tufarelli Palumbo, sindaco a San Sosti (Cosenza), prima donna sindaco in Italia, e Lydia Serra Toraldo prima cittadina di Tropea, oltre Ines Nervi, tutte nelle liste della Democrazia Cristiana. Un risultato che segna il vento del cambiamento, in un contesto storico e sociale problematico.
La mostra continua...
In esposizione al Museo del Fumetto fino al 21 Maggio 2023.
Ci trovi a Cosenza, in Via Liceo 1.
Siamo aperti tutti i giorni, tranne il lunedì, dalle 16.00 alle 19.30